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JAZZI

DESCRIZIONE

Quello del versante a mezzogiorno del Bulgheria è un paesaggio fitto di segni: ora più chiari, ora celati dalla vegetazione o dal passaggio del tempo e del vento. Ciascun segno, all’occhio attento, racconta una storia, descrive un carattere. Così, tra le pieghe di questo paesaggio, quando il passo necessariamente rallenta, è possibile captare frammenti di una narrazione millenaria fatta da uomini e alberi, pietre ed acqua, monaci e greggi. Questa è la terra degli jazzi: sparsi qua e là, tra la vegetazione ed il crinale della Tempa o del Piano, sono rifugi ancora pronti per accogliere antichi e nuovi viandanti, uomini o bestie non importa. Testimoni di pratiche che rimandano alla preistoria, sono astronavi pronte per nuovi viaggi nel tempo e nello spazio.

Lungo i sentieri, percorsi chissà quante volte da pastori, santi e briganti, ogni tanto si incontrano piccole rampe in pietra, a volte sconnesse ma perfettamente funzionali. Si scorgono trame di muretti a secco che servivano per trattenere suolo da coltivare o sostenere ulivi e qualche vite. Le pietre raccontano di chi le ha messe una sull’altra, del perché le ha messe in quel modo, del tempo che c’è voluto. A guardare bene questi segni narrano anche altre storie. Sono storie che si percepiscono guardando il paesaggio in filigrana, e scorgendo la vegetazione che si addensa attorno alle pietre accumulate, qualunque forma esse assumano. É il fenomeno delle “precipitazioni occulte”: il vapore acqueo portato dal vento si insinua negli interstizi tra le pietre e condensa. Così le acque e le pietre raccontano un paesaggio quasi segreto eppure fortemente presente sul Bulgheria. É la stessa acqua che condensa penetrando in cumuli circolari e precipita in cisterne. Ma è anche quella piovana che scorrendo lungo i versanti viene deviata e si raccoglie, insieme alle particelle di terreno che porta con sé, a monte di piccoli muretti, costruendo trame di terrazzamenti. Le piante, anch’esse da sempre grandi transumanti, ci mettono poco a colonizzare questi nuovi fazzoletti di terreno, o ad insinuarsi nei cumuli di pietre seguendo le tracce dell’umidità. Crescono così l’elicriso, la potentilla, la cernicchiara, con cui qualcuno ancora sa intrecciare le spaselle per seccarci sopra i fichi bianchi.

La proposta ripercorre questi sentieri, con la stessa lentezza del tempo arcaico e della natura, per immaginare, attraverso il recupero delle strutture e la creazione di nuovi segni, un paesaggio che aggiunga alle voci della tradizione quella della contemporaneità. L’obiettivo è di realizzare, poco per volta come fa la natura o i bravi artigiani, il “Parco delle comunità dei Passi e dei Sassi”, un parco all’interno del Parco, fatto da e con le comunità, locali, temporanee e “transumanti” per coniugare tradizione e modernità.
Si comincerà riparando i muri a secco e alcune cisterne, in modo da riattivare i cicli di colonizzazione di specie vegetali. Si sistemeranno le prime strutture per abitare la notte. Saranno semplici, in legno, per i viandanti ma anche per chi vorrà contribuire alla riscrittura dello spazio. I percorsi esistenti saranno animati da discreti oggetti per inquadrare un panorama, indurre a sostare o a contemplare l’orizzonte del mare o il cielo. Poi ai segni esistenti se ne aggiungeranno altri, contemporanei nelle forme eppure arcaici nella realizzazione. Saranno altri muri a secco, cumuli o spirali di pietre che infittiranno la trama esistente ed alimenteranno la rete delle acque, creando zone di umidità favorevoli a piante pioniere. Queste zone segneranno nuovi percorsi lenti, in cui la lentezza è data dai ritmi della natura, dai tempi di crescita di un cespuglio e forniranno nuove forme di esperienza del tempo e dello spazio del Parco. I nuovi segni non faranno altro che anticipare processi naturali e di fatto la natura e la sua lentezza tracceranno forme e indicheranno percorsi ai viandanti. Il senso è anche quello di controllare il progetto fino ad un certo punto: il resto lo fa la natura, gli animali, i pastori o i camminatori.
In questa nuova geografia gli jazzi avranno il ruolo di nodi di una rete più ampia comprendente anche altre strutture rurali. Serviranno per ospitare le comunità che daranno forma al programma o nuovi nomadi in cammino. Per rigenerare gli jazzi si useranno materiali di facile reperimento, le strutture avranno caratteri essenziali. Le riprese delle murature useranno pietre locali ingabbiate in reti metalliche. Lo stesso potrà essere fatto per le coperture.
Il programma sarà definito nelle forme attraverso il confronto ed con il contributo delle comunità e sarà realizzato attraverso call internazionali che porteranno sul monte Bulgheria energie, idee e saperi da tutto il mondo, in una nuova, attualissima, transumanza di culture.

DETTAGLI

Data: 2016
Tag: centri storici, paesaggio culturale, arabi in Basilicata
Concorso internazionale di idee “Jazzi”
Paesaggi Meridiani: Giorgia Botonico, Giovanni Brienza, Gianluigi Freda, Antonio Graziadei (capogruppo), Alberto Petrone.
Con:Maurizio Buttazzo, Antonio Carbone, Flavio Iannuzzi, Irene Lettieri, Manuel Orazi, Michelangelo Pugliese, Gerardo Sassano.
Tag: paesaggio culturale, restauro del paesaggio, coinvolgimento delle comunità.